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Recensione di Vito Sorrenti

 

CALABRIA, ITALIA

di Santo Strati

 

“Calabria, Italia”, l’ultima opera di Santo Strati, edita da Media&Books, 2023, prezzo di copertina € 19,00, è un libro figlio dell’amore viscerale che l’autore nutre per la terra che gli ha dato i natali, e della conoscenza approfondita della sua storia, della sua cultura, della sua arte, dei suoi costumi e delle sue tradizioni.

Un libro scritto con l’inchiostro dei sentimenti forti, dei legami indissolubili, dei ricordi incancellabili. Un libro vergato dal forte desiderio di vedere un’inversione di rotta, uno scatto, una svolta che porti al riscatto e allo sviluppo della terra dei padri. Un libro dettato dalla profonda consapevolezza e dall’orgoglio di essere figlio di una terra antica e straordinaria che può vantare un grande passato disseminato di miti, riti e di ruderi antichi ove risuonano echi della civiltà magnogreca e dove sono ancora visibili le impronte lasciate da personaggi importanti, considerati veri e propri fari dell’umanità. Un libro che vuole indicare ai calabresi e alla loro classe dirigente nuovi sentieri, nuovi percorsi, nuove strade per costruire il futuro e per dare un’immagine diversa, più positiva, più lusinghiera e più veritiera rispetto a quella stereotipata, negativa e penalizzante diffusa dai mass media negli ultimi decenni.

A proposito di immagine, quella che mi è venuta inizialmente alla mente leggendo i primi capitoli, è stata quella di Cassandra, la mitica profetessa figlia di Ecuba e di Priamo, re di Troia, perché, come questo celeberrimo personaggio della tragedia greca, che possedeva il dono della profezia accompagnato dalla maledizione di non essere creduta, anche la Calabria raccontata dal Direttore del quotidiano webdigitale Calabria.Live, sembra essere vittima di una atroce maledizione che le impedisce di valorizzare e mettere a frutto sul proprio territorio il patrimonio umano e l’immensa dote che la natura le ha fornito, ossia tesori e ricchezze di ogni tipo.

Infatti, l’Autore, consapevole dei doni posseduti dalla sua terra, del ruolo rivestito e della grandezza raggiunta nel passato e animato dalla speranza e dal forte desiderio di vederla ritornare agli antichi splendori, o, almeno, di vedere germogliare i semi di un futuro migliore e più consono a una terra che fu culla di civiltà e di pensiero, tanto da meritare l’appellativo di “la terra dei filosofi”, con lo stile, la competenza e l’esperienza che gli derivano dalla pluridecennale professione giornalistica, capitolo dopo capitolo, fa emergere con scrupolosa obiettività e con limpida chiarezza, i beni che possiede e i mali sociali, politici, economici che le impediscono di farne un uso fruttuoso e consono per migliorare le condizioni economiche e il benessere della sua gente.

Ma Strati non si limita ad indagare i mali con lo specillo più sottile e a formulare le diagnosi, si preoccupa anche di suggerire i rimedi necessari per curarli.

Tant’è che delinea con forza sia la necessità che venga implementato da parte della classe dirigente un nuovo modello di sviluppo basato sul concetto di rete; sia la necessità di superare i localismi e le contrapposizioni, le divisioni, le contese per dare spazio a forme di collaborazione che portino a remare tutti nella stessa direzione per il bene della Calabria e della sua popolazione che già da molto tempo mal sopporta di vedere impiumare ovunque l’improvvisazione, il disordine, il cinismo, l’incompetenza, l’invidia, l’egoismo, ecc.

Inoltre sottolinea i tratti, i gesti e i fatti che hanno impedito e impediscono di sviluppare le potenzialità che la Calabria possiede, e fra questi la mancanza di visione della classe politica, lo sguardo strabico del governo centrale, l’incapacità degli imprenditori di fare squadra, di collaborare, di aiutarsi reciprocamente, ma anche, a parere di chi scrive, una certa indolenza di gran parte della popolazione nell’esplicare i propri doveri (in primis quelli fiscali), l’eccessivo orgoglio in connubio con una buona dose di narcisismo nonché il forte desiderio di primeggiare che impediscono ai calabresi che vivono in Calabria di prendere atto dell’arretratezza in cui versa la loro Regione e della necessità di dare il loro contributo per migliorare la situazione.

In altri termini, l’Autore evidenzia le cause che hanno impedito e impediscono alla Calabria di avere strutture, infrastrutture, servizi, ecc., di qualità uguali alle altre regioni e un pil pro-capite simile a quello delle regioni più avanzate. E nel fare ciò, sottolinea le conseguenze che gravano su tutta la popolazione, riassumibili nella scarsità e inefficienza dei servizi e nella insufficienza e, a volte, totale mancanza di opportunità di lavoro per le nuove generazioni idonee a tamponare l’emorragia dei talenti e la fuga dei cervelli, ossia dei tanti laureati, che come i giovani delle precedenti generazioni, si vedono costretti ad andare altrove per costruire su altri lidi e sotto altri cieli il loro futuro.

E’ superfluo, alla luce di quanto detto finora, sottolineare che tale situazione è foriera di gravi e dolorose conseguenze perché si configura come un danno economico rilevante per i luoghi e soprattutto per le famiglie che si sono sacrificate, e si sacrificano, per crescere, educare e fare studiare i propri figli senza avere, successivamente, alcun ritorno e alcun beneficio che invece ricadono a favore  dei luoghi e delle aziende che accogliendoli e assumendoli, si trovano ad usufruire di un capitale umano di primordine senza aver speso un € per formarlo.

Concludo questa mia breve nota critica con l’auspicio che la calabresità, così come definità da Saverio Strati, ossia, “quel misto di ostinazione, lealtà, rancore e senso altissimo dell'onore”, che Santo Strati dimostra di possedere in abbondanza nel suo DNA, possa essere usata dalla classe dirigente calabrese a favore del bene comune e per migliorare le condizioni economiche, sociali e umane di ogni calabrese e non per soddisfare quello che Leonida Repaci, altro grande calabrese, definisce “il puntiglio”, ossia il punto d’onore fine a se stesso.

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